L’orologio della villa e la sua torre. Storia di un monumento
L’orologio della villa e la sua torre. Storia di un monumento
Passeggiando con la storia

L’orologio della villa e la sua torre. Storia di un monumento

Passeggiando con la storia, rubrica a cura di Giuseppe Massari

Un monumento unico nel suo genere. E' una struttura maestosa, impreziosita da quella singolarità stilistica neogotica, che richiama, non solo i fasti antichi di un tempo, ma, anche, la cadenza delle ore scandite dal tocco delle campane, testimoniando oltre i secoli la vita di ognuno, di intere generazioni. A tal riguardo, un poeta dialettale gravinese, il dottore Donato Marvulli, scrisse, a settembre del 1957, una lirica, L'arlogge de la ville, che voglio proporre in tutta la sua delicata bellezza e che io pubblicai, nel 2003, per i tipi di Pubblistampa Bongo, all'interno di una raccolta di altri versi in vernacolo dal titolo Gravina maie.

"Iè notte. Ce sé cè iore. 'Nze sente nisciune.
So spandète inte o suonne, senza ragione.
O iè stète la lusce de la lune
passète sop'o lliette da u cascione.
Chessa camere? Tale e quèle accamme a tanne,
accame iere quèse trent'anne 'ndrete.
Ma iinte o core cè reste de chidd'hanne,
de cudde belle tiempe ch'è passète?
U corei iè tutte quante nu campesante,
nu campesante de suonne e fantasì,
pe tanta lampariedde petulante
pe quanta sbaglie fatte e fessarì.
Chessa chèse? Quant è granne e came è citte
Mo ca tanta crestiène se no sciute
E so rumèse o munne, vive, iie scechitte
Ma cu nu pete gè iinte o tavute.
Sta campène? Iè l'arlogge de la ville,
vecchie cumpagne de quann'ere uagnone,
ii la canusciarisse pure tra mille,
accame se canosce na canzone.
Vecchie arlogge, quant'ore m'a segnète,
iore de priisce, iore de sventure,
belle luciente, brutte desulète,
iore d'amore, iore de paure.
Ma tanne, vecchie arlogge, pe lo mene
staie nu fatte, staie la speranze
e iinte a chidd'ore de velene
putai diisce: "Tiempe me n'avanze".
Ma iosce pure pe miche s'è fatte notte
E non pozze chiiu diisce: Forse ca crè".
Pure chisse patène se so cotte
E iè venute l'ore de menestrè.
Iosce pozze diisce scechitte: "Ca cudde Criste
Ca pe l'amoure nuoste è muote accise,
pozza strazzè chèdda cambièle a viste
e darmele n'arruocche 'mparavise".

Al di là dei sentimenti, è giusto entrare nel vivo descrittivo del monumento. L'edifico composto da quattro quadranti, tre che si affacciano sulla villa comunale e un quarto su via Matteotti, misura 8.00 metri di larghezza frontale e 50.00 metri di altezza misurata fino alla base dove è issata la bandiera metallica. Le strutture murarie sono costituite, in parte da pietra calcarea, e in parte da tufo trattato a stucco superficiale. Entrambi i materiali utilizzati provengono dalle cave locali di Gravina, soprattutto quelle ricadenti in località Cozzarolo. La costruzione, secondo gli atti conservati presso l'Archivio comunale di Gravina, fu affidata, "in cooperazione solidale", ai signori Giovanni Laricchia di Santeramo e Vito D'Erario di Gravina e realizzata con il sostentamento di una spesa pari a lire 4.720.62, con il ribasso dell'1% come proposto dagli aggiudicatari, nel corso della gara d'appalto che si era conclusa il 6 marzo 1891.

La torre per il nuovo orologio, come predisposto dall'ingegnere progettista, fu costruita su un suolo di proprietà comunale attiguo alle botteghe del principe Orsini e nella parte centrale del viale denominato allo stesso nobile casato, dove, un tempo, si trovava l'ultima parte del torrione che cingeva le mura della città, e che fu fatto abbattere dall'ingegnere Antonio Polini, quando ricoprì la carica di primo cittadino gravinese.


L'edificio è costituito da un vano a piano terra, da un vano a quota + 5.00 metri dal piano stradale in cui sono ubicati i meccanismi meccanici dell'orologio, raggiungibile da scala a chiocciola in mazzaro e da un vano sottotetto ove è ubicato il quadrante che s'affaccia su via Matteotti. Da questo ultimo ambiente si accede alla sommità del torrino dove sono sistemate le campane, ad un'altezza di 22.00 metri dal piano stradale.

Dopo queste notizie di carattere tecniche e strutturali è importante sapere e conoscere chi fu il progettista di questo monumentale manufatto. Fu l'ingegnere Antonio Polini, già sindaco della città di Gravina, di cui traccerò un profilo biografico, prossimamente, sempre all'interno della presente rubrica. In verità, già durante gli anni del suo sindacato aveva pensato di realizzare un 'opera che provvedesse a dotare la città di un orologio pubblico. Cosa che non gli riuscì da primo cittadino, gli riuscì da tecnico quando ebbe l'incarico, dall'amministrazione comunale presieduta dall'avvocato Pasquale Calderoni- Martini, di redigere il progetto per la realizzazione di una torre per installare un orologio, dirigere i lavori di costruzione, di scegliere e commissionare un orologio.

Secondo competenza e rigore professionale il tecnico incaricato, il 12 agosto 1890, consegnò agli uffici comunali la relazione tecnica e l'intero progetto esecutivo con i relativi elaborati. Il 6 settembre successivo, il Consiglio comunale approvò il contratto di compravendita del nuovo orologio con la Ditta Curci di Napoli al costo di lire 3.100, comprensivo di trasporto, collocazione, collocazione in sito e collaudo. I lavori, però, non potettero avere inizio se non dopo che il Sottoprefetto della provincia di Bari, approvò, in data 9 ottobre 1890, i deliberati consiliari e di giunta e dopo che la Giunta comunale, nella seduta del 12 novembre del medesimo anno procedette all'approvazione del "Capitolato per l'orologio pubblico".

Il 23 dicembre del 1982 la ditta Curci collocò la macchina del tempo all'interno della torre, che fu inaugurata, con giubilo, ammirazione e gratitudine, da parte di tutta la cittadinanza che vi partecipò, nei confronti del sindaco, degli amministratori e del progettista, la notte della vigilia di Natale. Quindi, d'allora in poi e ancora per quasi i 130 anni successivi, quel meccanismo ha continuato a segnare le ore a tutti i gravinesi.

Il tempo che passa, che, spesso, usura, cancella, sbiadisce i ricordi e i colori, rovina, deturpa è lo stesso che deve "provvedere" a far dimenticare il brutto che si sovrappone, attraverso fumi, agenti atmosferici o contingenti quali umidità, lesioni o il logorio, come nel caso di specie, dei quadranti con le sue lancette e i suoi sincronici movimenti. Per questo la storia non poteva dirsi veramente conclusa se non la si completava con quella parte che riguardava il restauro e la ripulitura dell'intera struttura architettonica e il ripristino di nuove parti meccaniche dell'intera macchina del tempo, compresa la parte illuminotecnica. Ciò avvenne durante i primi mesi del 1995 del secolo scorso.

Il tutto fu possibile grazie all'intervento sostanzioso, da un punto di vista economico, elargito dall'allora Banca Popolare della Murgia, oggi Banca Popolare di Puglia e Basilicata. I lavori di restauro, per la parte architettonica furono eseguiti dall'Impresa Masciandaro sotto la direzione dell'Architetto Piero Masciandaro. Per la parte meccanica, la ditta incaricata fu la COMEG S.r.l. di Saverio Colavito; per il ripristino degli impianti elettrici, invece, intervenne la SIEG S.rl. di Vito Saponaro. Al termine dei lavori, per lasciare ai posteri la testimonianza dell'intervento, fu pubblicato un opuscolo storico-divulgativo: "Recupero e restauro della torre dell'orologio. Gravina in Puglia 1995", stampato nel dicembre del 1995 dalla Modulex S.r.l. Matera. Da questa interessante pubblicazione ho ricavato la maggior parte delle notizie e della documentazione archivistica, conservata presso l'Archivio comunale di Gravina, sin qui presentate, nonché e comprese le relative foto allegate.
7 fotoL’orologio della villa e la sua torre. Storia di un monumento
FotoFotoFotoFotoFotoTorre dellorologio prima del restauro FotoTorre dellorologio dopo il restauro Foto
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