Francesco Antonio Calderoni Martini
Francesco Antonio Calderoni Martini
Passeggiando con la storia

Francesco Antonio Calderoni Martini, Sindaco, padre di Michelangelo e Pasquale

Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari

La discendenza di Isolto de Caldaronis 1462 – 1931 Memorie di famiglia ordinate da PASQUALE CALDERONI MARTINI con l'aiuto della figliuola Maddalena, trascritte dall'originale da me e pubblicate, su mia proposta dal Consiglio d'Amministrazione della Fondazione Ettore Pomarici Santomasi nell'ottobre 2019.

"Mio padre, sesto di questo numero nella genealogia della famiglia e che può perciò considerarsi nome caratteristico della stessa, nato il 4 gennaio 1814 in Altamura morì il 13 dicembre 1890 in Gravina. Seguì studi letterari e nel 1833 si era recato a Napoli per addottorarsi, ma per sopraggiunto colera del 1834 fece ritorno in Gravina prima di conseguire il titolo. I tre fratelli si erano trasferiti insieme in Napoli: certamente erano stati affidati alla sorveglianza di qualche persona autorevole, ma era Francesco Antonio che dirigeva la piccola famiglia. Si conservano molte delle sue lettere al padre. Leggendole con ammirazione io ho sempre pensato alla soddisfazione del vecchio padre nel constatare la saviezza del figlio ancora adolescente.

Nel 1839 impalmò la signorina Eleonora Sabini fu Pasquale di Altamura. Fu un coltivatore appassionato ed un innovatore nei sistemi e nelle tradizioni agricole del tempo. Aveva il culto degli alberi. Tornando da Napoli aveva piantata con le sue mani la quercia a destra del viale che parte dal casino Lipinti ed attraversa l'oliveto, mentre quella a sinistra fu piantata poi da Michelangelo, mio fratello, una quarantina di anni dopo. Vagheggiò ed esegui con amorevoli cure le piantagioni specialmente di mandorli ed ulivi nel fondo istesso, che poi furono prese a modello da altri concittadini, spezzando l'Antica tradizione locale contraria all'impianto di alberi fuori che nei vigneti. Una sua passione fu il casino Lipinti.

Questa Villa incantevole ha formato la predilezione e forse il conforto di molte generazioni dei miei antenati. Il fondo acquistato, come fu detto a suo tempo, da Antonio Pappalardo, fu corredato dai suoi nipoti di una casa di campagna, che fin da principio però fu ideata con larghezza di vedute, come ce lo dicono le fabbriche più antiche e ce lo dimostra l'antichissimo stemma. Non so precisare il fondatore. So solo che mio nonno Michelangelo l'ingrandì con la costruzione delle ultime camere ad oriente e che impiantò e riordinò il giardino a settentrione, cingendolo di mura.

Fu poi mio padre che fece eseguire un progetto di riordinamento dell'intero fabbricato dall'Architetto gravinese Balzano, che aveva esercitata la professione per molti anni in Napoli, e costituì la parte ad occidente del casino, le due scale e la grande terrazza. Fu questa una bell'opera che ci prova l'ardimento delle sue concezioni ed il suo senso artistico. Non ebbe mio padre per la vita pubblica grande attrattiva, ma si prestò sempre però pel suo paese tutte le volte che si presentarono delle ricorrenze speciali.Fu Decurione Municipale sin dal 1836 per molti anni ed anche Sindaco. Nel 1848 fu Capitano della Guardia Nazionale. Nel 1859 Presidente del Comitato locale del Governo Provvisorio, fautore caldo ed operoso dell'aggregazione delle nostre Province al Regno d'Italia. Il suo operato fu del tutto disinteressato, e, costituita l'amministrazione ordinaria si appartò, e non sollecitò alcuna ricompensa, neanche quella di una decorazione cavalleresca, che egli disprezzava.
Nei momenti difficili si era esposto quanto era mai possibile, ed egli era uomo da ben comprendere quali ne sarebbero state le conseguenze, se, per caso, il movimento del 1860 forse abortito. Nel suo cuore doveva essere sempre vivo il ricordo della condanna a morte dello zio Giuseppe Calderoni nel 1799, ed erano soprattutto vivissime le recenti impressioni delle persecuzioni del 1848 del cognato Vincenzo Sabini. Adempito quello che aveva ritenuto suo dovere, nel momento del trionfo si eclissò, senza rimpianti e senza formazioni vanagloriose. Nel nuovo Governo fu una prima volta Sindaco negli anni 1862 - 1863, anni straordinariamente torbidi per il dilagare del brigantaggio, che, allora aveva carattere essenzialmente politico ed era largamente sovvenzionato dalla Corte Borbonica residente a Roma.

Fu nuovamente Sindaco poi dal 1870 al 1872. Non è il caso di fare la storia dei due Sindacati ed esporre le condizioni politiche ed amministrative del tempo, perché estranei all'indole di questo lavoro assolutamente familiare. Rimase poi Consigliere Comunale fino all'entrata del figliuolo Michelangelo nella vita pubblica locale, quando si ritirò per lasciare il campo all'azione di lui, giacché la legge del tempo stabiliva incompatibilità fra padre e figlio. Ebbe il culto della famiglia e fu affezionatissimo alla moglie ed ai figliuoli: fu piuttosto esigente e severo nel regolar la loro educazione, ma nei richiami era sempre, piuttosto che rigido, amorevole e teneramente premuroso.

Amato generalmente aveva premura per tutti e non si rifiutava mai a rendere qualsiasi piacere di cui fosse richiesto, anche quando si corresse il rischio di una compromissione. Nel 1848 era Giudice Regio in Gravina un tale Fiorese, che non so se per malinteso o giustamente, incontrò grande impopolarità nel paese, tanto da provocare un tumulto con sequestro di persona. Nel turbinoso incidente mio padre, senza curare il proprio pericolo e la propria impopolarità, corse a difendere la famiglia del funzionario, ed al momento opportuno dalla casa di lui, fatta segno all'ira popolare, la condusse alla propria casa, donde poi la notte l'accompagnò in carrozza ad Altamura.

Aveva chiarezza di idee e fermezza di propositi, e le sue doti precipue erano quelle del disinteresse assoluto in qualsiasi ricorrenza e del rispetto alla propria parola. Anche quando fosse sfuggita inavvertitamente, o fosse stata carpita capziosamente, egli non ha mai ritirata una promessa fatta. Fu alto della persona di aspetto attraente e con costante atteggiamento delle labbra a sorriso, che rivelava la bontà d'animo. Vi è di lui un ritratto da studente ed un altro da giovane sposo. Adulto ha avuto sempre avversione a farsi fotografare, per un senso di modestia: gli altri ritratti che esistono di lui sono stati eseguiti dopo la morte e sono tutti da condannarsi, meno uno del compianto Prof. Ciminale. Di lui è menzione nei seguenti libri: Paolo Giancaspro: "La insurrezione in Basilicata", D'Aconto: "La Provincia di Bari", Rassegna Pugliese = Vol. 26 pag. 2 " Il primo saluto della Terra di Bari a Vittorio Emanuele II". Le tre opere si trovano nella biblioteca Pomarici Santomasi. La moglie Eleonora Sabini apparteneva a nobile famiglia altamurana iscritta nell'elenco della nobiltà del Regno ed avente diritto al titolo di Conte, trasmissibile a tutti i discendenti maschi".
  • Giuseppe Massari
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