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Passeggiando con la storia

I tratturi di Gravina in Puglia

Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari

"Gravina in Puglia è uno degli snodi della rete dei tratturi pastorali che collegavano le masserie e le aree di pascolo a cavallo tra la Puglia e la Basilicata. A margine della città transitava il Regio Tratturo Melfi-Castellaneta, che proveniva dai pascoli estivi dei monti del Vulture e sfociava nella piana costiera del mar Jonio all'uscita delle gravine joniche. Il Regio Tratturo seguiva una direzione approssimativa da ovest a est e s'incanalava nella Fossa Bradanica ai piedi dell'altopiano murgico. Era una sorta di spina dorsale sulla quale confluivano tratturelli e bracci provenienti sia dai monti lucani, sia dai pascoli della Murgia e dell'entroterra barese.

Il tratturello di Tolve, ad esempio, proveniva dall'omonimo centro del potentino e arrivava a Gravina, nella zona del Botromagno, dopo aver attraversato Irsina e guadato il Basentello. Un altro tratturello collegava Gravina con Matera: seguiva il solco del torrente Gravina ed è oggi coperto dall'asfalto dalla strada provinciale che collega i due centri. Gravina ha un ulteriore motivo d'interesse perché è il punto d'incontro tra il Regio Tratturo e la Via Appia Antica. Le due vie si erano già momentaneamente incrociate alla Madonna della Macera vicino Melfi ma avevano seguito percorsi diversi e paralleli.

A Gravina l'Appia e il Tratturo si unificano e seguono il medesimo percorso, ancora oggi noto come "la Tarantina", lungo l'attuale strada provinciale 27. Sarebbe difficile e oltretutto rischioso cercare oggi le tracce del tratturo, sepolte sotto gli insediamenti industriali, le rotatorie stradali e l'incessante traffico dei Tir. Ma il tracciato del tratturo è ancora ben identificabile sul territorio, grazie anche ai vincoli paesaggistici apposti e al sistema dei 'marcatori' costituito dalle masserie che ne affiancavano il percorso. Il migliore punto di osservazione è la collinetta sulla quale sorge il Castello di Gravina.

Questo Castello fu voluto addirittura da Federico II di Svevia. L'imperatore svevo aveva apprezzato la città e i dintorni ricchi di acque, di boschi e di animali. Volle così una dimora adeguata per sé e la sua corte, da dove poter partire per le sue battute di caccia con il falcone. Oggi è un luogo malinconico, perché di quel maniero restano solo le mura esterne. Ma è anche un luogo di silenzio e di solitudine. Ed è soprattutto uno straordinario terrazzo panoramico.

Da qui possiamo vedere a destra, in direzione nord, il nastro del tratturo che scende da Poggiorsini e raggiunge la base del castello. Oggi ha le sembianze della strada provinciale 230 o, se si preferisce, dell'ex strada statale 97, che s'innesta sulla circonvallazione di Gravina. L'unificazione con l'Appia antica, proveniente dalla zona oggi coperta dalle torri di un parco eolico, avveniva probabilmente sull'attuale circonvallazione, tra la Masseria Epitaffio e la Scomunicata. Altra ipotesi è che l'Appia aggirasse a nord la città e la gravina, all'altezza della Masseria Capotenda e raggiungesse il tratturo seguendo il percorso della strada provinciale 52.

Una passeggiata percorribile nei due sensi, capace di trasmettere una visione ideale di questo tratto dell'Appia e della confluenza del tratturo, potrebbe attraversare il parco naturale attrezzato di Capotenda (accessibile dal casello ferroviario di Via Madonna della Stella, al termine dell'area archeologica Padre Eterno), raggiungere il ponte della ferrovia e la masseria Capotenda (oggi trasformata nella omonima Tenuta, luogo di ristorazione ed eventi), osservare l'interessante fornace costruita con blocchi di tufo e raggiungere la città sulla provinciale 52. È invece sconsigliabile percorrere a piedi l'area tra la masseria Epitaffio e la località Scomunicata, trasformata oggi in un groviglio stradale e ferroviario.

(Il testo e le foto sono stati tratti dal blog: Camminare nella storia Passeggiate sui sentieri della memoria, il cui titolare è Carlo Finocchietti, autore di I Tratturi di Gravina in Puglia in Tratturi e Transumanze).
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  • Giuseppe Massari
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