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Quando il cuore di Gravina andò in soccorso dell'Irpinia

Il ricordo della missione dell'Agesci per il terremoto del 1980

In questi giorni abbiamo visto scorrere tante volte le immagini del terremoto del 1980, con epicentro in Irpinia (provincia di Avellino). Una catastrofe in cui tanti paesi della Campania e della Basilicata furono distrutti e morirono 2914 persone. I soccorsi dello Stato arrivarono tardi. Arrivò prima il grande cuore del popolo. Corse in aiuto pure il gruppo scout Agesci di Gravina, per dare sostegno ai terremotati di Calabritto in provincia di Avellino. Ecco un ricordo di Pietro Amendolara, quaranta anni fa era un giovanissimo scout.

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Il ricordo di Pietro Amendolara
Avevo compiuto da poco 18 anni e una sera di Novembre alle ore 19:34 una forte scossa di terremoto colpì l'Italia Meridionale. Anche a Gravina ricordo i vetri del Teatro Mastrogiacomo cadere a pezzi. Con il gruppo Scout di Gravina, il giorno dopo, iniziammo a raccogliere fondi per prepararci alla partenza come volontari per recarci in Irpinia.

Pale e picconi e autosufficienza per il vitto, solo questo serviva. Il mercoledì di buon mattino partimmo per Bari dove ci aspettava un pullman. Un contingente di circa 80 persone con infermieri, medici e ragazzi dell'Agesci di Bari e provincia. Partimmo per Avellino dove in Prefettura si era costituita la centrale operativa. Sulla strada non poche difficoltà affrontammo per il fondo stradale pericoloso e nel pullman in 80 persone con gli zaini e le tende nel corridoio. Impossibile muoversi.

Finalmente verso le 18:00 della sera la destinazione; Calabritto (AV). Calabritto 97 morti, 685 feriti, 658 senzatetto distrutta al 90% (oggi conta 2400 abitanti). Arrivammo la sera e piazzammo le tende in un terreno scosceso all'ingresso del paese. Dopo qualche ora con nostra somma sorpresa iniziò a piovere. Finito di sistemare gli zaini sotto la pioggia ci rifugiammo sotto i balconi per la cena mentre i nostri responsabili cercavano di capire cosa e da dove iniziare a dare "una mano". Abbiamo fatto tanti lavori, dagli argini dell'allagamento del campo militare (in area campo sportivo) fatti con sacchi di terra e "ruote" di pane (quelli da 5 Kg) sotto la pioggia, agli scavi con le mani, picconi e pale per trovare i morti sotto le macerie. Dal recapito dei farmaci e dei viveri nelle case allo scavo delle fosse nel cimitero.

Ricordo gente che si era rintanata in edifici di nuova costruzione con stanze separate da teli e tende con asino e pecora e cani a seguito. Ricordo i volti per la vergogna di chiedere un pezzo di pane o un piatto di minestra calda. Si, perché dopo giorni non esisteva nessuna mensa comune, solo gli scout in una baracca dell'Anas cucinavamo circa 300 pasti al giorno e tanto the e latte caldo che consegnavamo personalmente in giro perché molti si vergognavano di venire personalmente. Tanta umiltà e tanta disperazione ma anche tanta Dignità. Ricordo un mattino in cui nella tenta una forte luce ci fece svegliare presto e il mio Responsabile disse: "Oggi sarà una bella giornata di sole" ma aperta la cerniera della tenda, trovammo 20 cm di neve caduta durante la notte.

Sono stati giorni incredibili, scanditi da tanto lavoro e stanchezza. Tanti i volti che non potrò mai più dimenticare nella mia vita. Il 2 dicembre i nostri genitori organizzarono un pullman per venirci a prendere, con loro il giornalista de "La Gazzetta del Mezzogiorno" Liborio Loiacono che scrisse un articolo bellissimo con le nostre testimonianze.Tornai a Calabritto l'anno dopo ad agosto con gli scout, perché da novembre l'Agesci di Puglia non aveva abbandonato la città organizzando a rotazione una serie di contingenti e organizzando una mensa e animazione per anziani e bambini. Agli Scout si unì la Caritas di Bari e anche la Diocesi di Gravina che raccolse fondi per aiutare la costruzione della chiesa Madre di Calabritto (nella foto il gemellaggio, con mons. Isgrò e il parroco don Vito Cassese).

Volevo tornare a Calabritto per salutare l'allora ragazzo, ora padre Michele Gonnella, che vive ancora a Calabritto per raccontare i 40 anni. Ma il COvid-19 purtroppo non me lo ha permesso. Ci tornerò e potrò finalmente rivedere il paese che tanto ha contribuito alla mia crescita personale.
Pietro Amendolara

Diario fotografico di 40 anni fa: https://www.facebook.com/media/set/?vanity=piero.amendolara&set=a.1384229171616610
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