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Territorio

Diga Saglioccia, una storia di sprechi e lungaggini burocratiche

Gianni Stea interroga la Regione

"Invito l'assessore all'Agricoltura Leo Di Gioia ad effettuare un sopralluogo alla diga di Saglioccia, situata tra Altamura e Gravina, in contrada Tema Bianca, affinché insieme si possa trovare al più presto una soluzione per completare il sistema delle dighe destinate a servire i bisogni idrici di Puglia e Basilicata mettendo fine ad una lunga storia di sperperi di denaro pubblico e abusi".

E' quanto in una nota chiede il consigliere regionale Gianni Stea a proposito di una questione che lo stesso non esita a definire assurda: "I lavori furono avviati nel giugno 1977 (importo stimato pari a 1,7 miliardi di lire, a cui il Ministero dell'Agricoltura poi aggiunse 4,5 miliardi tramite la Cassa per il Mezzogiorno), e al 31 dicembre 2014 eseguiti per il 56,32 per cento, con una spesa sostenuta lievitata a 30 milioni 290.197 euro; e con ulteriori 15 milioni di euro necessari per il completamento dell'opera, secondo quanto espressamente indicato dal Ministero per le Infrastrutture e Trasporti. La diga di Saglioccia al momento resta un'inutile e incompleta cattedrale nel deserto, figlia di una visione miope e distorta delle opere pubbliche nel nostro Paese, sul cui presente e sul cui futuro va fatta finalmente chiarezza, dato lo stato d'abbandono e per rispetto dei tanti milioni di euro spesi (risorse pubbliche) e dei tanti impegni disattesi per decenni".

Da qui l'iniziativa di un sopralluogo assieme all'assessore Di Gioia che finora – sottolinea Stea – "ha sempre mostrato la massima disponibilità nel raccogliere suggerimenti, affrontare e risolvere, o quantomeno tentare di risolvere la tante problematiche che affliggono il mondo dell'agricoltura pugliese. La diga di Saglioccia, per non costituire un'inutile ecomostro, andrebbe completata con i criteri di compatibilità ambientale e entrare di diritto in un sistema secondario di irrigazione per l'agricoltura, attraverso la possibilità di servire 3-4mila ettari di coltivazioni e permettendo così la trasformazione delle colture, col passaggio auspicato dalla monocultura del grano alle coltivazioni degli ortaggi, frutteti, uliveti e vigneti in grado di creare maggiori posti di lavoro e attività ben più redditizie".
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