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Emergenza cinghiali: Modesti risponde a Colonna

Il Parco è attrezzato perfettamente per risolvere la questione

E' arrivata dall'Ente Parco dell'Alta Murgia la risposta all'interrogazione presentata dal consigliere regionale Enzo Colonna a proposito dell'emergenza cinghiali e della mancata attuazione del piano di gestione della specie.

Sulla questione, rispondendo al consigliere Colonna, è intervenuto il direttore del Parco, Fabio Modesti secondo cui "Colonna avrebbe potuto indirizzare una nota di richiesta di informazioni all'Ente Parco Nazionale dell'Alta Murgia, avrebbe avuto soddisfazione ed avrebbe potuto esercitare meglio la propria funzione ispettiva, al di là dell'idea di "sterilizzazione biologica" del territorio che traspare dall'interrogazione".

Una risposta data "per spirito di servizio e di leale collaborazione tra Pubbliche Amministrazioni".

Nel merito il direttore spiega che l'Ente Parco Nazionale dell'Alta Murgia ha adottato nel 2012 il Piano di gestione triennale del cinghiale concludendo tutti gli iter autorizzativi nel 2013.
"In esso si è fatto tesoro delle esperienze territoriali di maggior successo messe in atto in Italia, valutando attentamente la sua fattibilità in una regione, la Puglia, nella quale nulla è stato mai fatto in materia, salvo i rilasci di capi di ungulati alle porte ed in quest'area protetta fino al 2004, senza alcuna valutazione di incidenza, pur prescritta dalle già vigenti norme relative alla tutela del Sito Natura 2000 "Murgia Alta' e senza controlli sanitari adeguati".

Nell' interrogazione il Consigliere Colonna afferma che: "In circa quindici anni questi animali si sono riprodotti in maniera esponenziale".

L'affermazione, secondo Modesti, non è corretta semplicemente perché non parte da un dato di partenza preciso e conosciuto. Gli unici dati raccolti in Puglia, dal 2010 ad oggi, riguardano il Parco Nazionale dell'Alta Murgia, la sola zona della Puglia in cui sono realizzati (a cura dell'Ente Parco) sistematicamente e periodicamente monitoraggi della specie. Gli Enti preposti alla gestione venatoria (il cinghiale è specie cacciabile), dalla Città Metropolitana di Bari alla Provincia BAT (a mezzo degli Ambiti Tenitoriali di Caccia), pur avendo notevoli risorse finanziarie dedicate al monitoraggio della fauna per poter predisporre i piani faunistico-venatori, non hanno mai realizzato tale indispensabile attività.

Il monitoraggio (dal 2010 ad ora) è realizzato tramite il metodo, sperimentato e validato nel Parco, del "censimento in battuta" poiché la particolarità territoriale e l'aggregazione di branchi in aree boscate ristrette permette ad un gruppo di operatori di 40-60 persone di stanare gli animali su circa 70 ettari. Quest'attività si svolge in "aree campione" considerate idonee al cinghiale che predilige aree forestali. il risultato della battuta si "spalma" sugli ettari di bosco al fine di determinarne la densità/lOO ettari (le altre aree sono da considerarsi di passaggio e non influiscono si di essa).

Nel Parco Nazionale dell'Alta Murgia la distribuzione aggregata del cinghiale fa sì che il valore di abbondanza della popolazione debba essere considerato con opportuna cautela in quanto certamente sovrastimato. Tuttavia il metodo applicato da ormai 7 anni consecutivi, permette di tracciare un profilo nitido delle abbondanze nelle aree battute e più vocate alla specie. I valori di densità ottenuti nelle aree campione, negli anni di studio, non sembrano differire in maniera significativa nel tempo, indicando una stabilità nel trend demografico.

Inoltre, continua il direttore, al fine di confrontare i risultati ottenuti con altri metodi di monitoraggio, quest'anno alla battuta sono state associate altre metodologie quali, ad esempio, la conta da postazione fissa (anche su governe, ossia punti di alimentazione). I dati risultano essere confermati. A supporto di quanto detto, dal 2013 esistono i dati di rilevamento satellitare al fine di indagare su più fronti la specie ed applicare azioni pesate e contestualizzate.

Il dato di densità citato da Colonna, quindi, estrapolato in modo semplicistico per aree non censite, porta ad errori anche considerevoli nella stima.
Colonna afferma, inoltre, che "Tra il 2006 e il 2014 sono state oltre 330 le denunce e le relative richieste di indennizzo". Ll dato riportato altro non è che la somma delle denunce pervenute in 8 anni, molto spesso presentate dalle stesse aziende; lo stesso dicasi per l'importo citato.

In merito ai danni provocati dai cinghiali alle attività agricole, va premesso che i costi sostenuti dall'Ente sono di molto inferiori a quelli sostenuti annualmente in altri Parchi Nazionali dove, ad esempio, è praticata la caccia di selezione. La distribuzione degli eventi durante il ciclo annuale è strettamente relazionata alle disponibilità stagionali:nei mesi estivi (giugno e luglio) e invernali (dicembre e gennaio) gli eventi riguardano le coltivazioni di cereali e di legumi, mentre nei mesi autunnali le colture a mandorlo (settembre e ottobre) e a vite (ottobre). I territori comunali più interessati sono quelli di Ruvo di Puglia e di Corato, rispettivamente con 36 e 19 eventi di danneggiamento, distribuiti diversamente tra le tipologie di colture. Entrambi i Comuni vantano all'interno del proprio territorio le aree boscate a più alta densità di cinghiale.Tuttavia sembrerebbero diminuire i danni relativi alle colture di pregio a seguito di alcune misure applicate dall'Ente Parco a tutela di tali coltivazioni. Va ricordato, infatti, che il Piano di gestione del cinghiale ha previsto misure di prevenzione attuate, finora, in 5 aziende. L'Ente, inoltre, ha sempre mostrato disponibilità ad elaborare i progetti di recinzioni elettrificate a chiunque abbia chiesto assistenza tecnica in tal senso.

Sempre Colonna afferma che è necessaria la "predisposizione, ove è possibile, di colture 'a perdere' (destinate esclusivamente all'utilizzo da parte del cinghiale), il c.d. foraggiamento dissuasivo".

Corre l'obbligo di informare Colonna che il foraggiamento dissuasivo è vietato ai sensi della Legge 28 dicembre 2015, n.22I "Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per
il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali,se non per attività di controllo. E, infatti, l'Ente lo pratica per la cattura dei cinghiali, non per allontanare gli animali in altri luoghi.

Colonna, poi, avanza la proposta di alcune azioni di controllo della popolazione di cinghiali nell'Alta Murgia. Azioni che riteniamo inopportune poiché, come dimostrato dalle esperienze in altre aree naturali protette nazionali con le quali questo Ente collabora costantemente ai fini della Direttiva ministeriale per la tutela della biodiversità, l'utilizzo, ad esempio, dei selecontrollori non comporta una consequenziale e diretta diminuzione del conflitto sociale e degli esborsi per indennizzi. Diventa esiziale, poi, il fatto che fuori dai confini del Parco Nazionale dell'Alta Murgia, non vi siano altre Amministrazioni che attuino programmi di contenimento della specie mediante cattura e selecontrollo, nonostante gli innumerevoli i tavoli tecnici svolti in merito alla questione durante i quali abbiamo rappresentato la disponibilità al coordinamento territoriale delle azioni onde non determinare aree serbatoio della specie.

Colonna sa perfettamente che il Piano di gestione del cinghiale nel Parco Nazionale dell'AltaMurgia è stato attuato. Per il contenimento della specie abbiamo utilizzato il metodo della cattura e traslocazione degli animali vivi. Un metodo che abbiamo potuto applicare per appena un terzo del tempo assegnato dal Piano (ossia 209 giorni su circa 640 disponibili) realizzando un successo di prelievo di 226 capi (in media un capo al giorno). Se proiettiamo il successo di cattura sui giorni assegnati dal Piano, avremmo potuto doppiare l'obiettivo di capi da prelevare. A rafforzare la scelta del metodo vi sono
l'impossibilità di procedere in Puglia alla macellazione di selvatici poiché mancano, sul territorio regionale, i "centri di lavorazione selvaggina", nonché la conclusione con archiviazione di alcuni procedimenti penali avviati sulla base di denunce ed esposti presentati da associazioni animaliste (L.A.V. ed E.N.P.A.).

Le azioni coordinate tra i vari soggetti, istituzionali e non, che Colonna propone, sono messe in ,atto dall'Ente Parco fin dal 2014. Infatti, il processo di cattura e successiva traslocazione degli animali vivi, conformemente a quanto previsto dall'Allegato 3 delle Linee guida dell'ISPRA per la gestione del cinghiale, avviato nel 2014 e concluso per ora nel 2016, è stato definito da un protocollo sanitario discusso e sottoscritto con le Autorità competenti in materia di controllo e sorveglianza della sanità pubblica, nel febbraio 2014.

"Ora non resta che aumentare i siti di cattura, utilizzare tutte le giornate possibili di cattura e cercare di chiudere la filiera alimentare del cinghiale. Un'impresa, quest'ultima, difficile per le motivazioni prima
esposte ma non impossibile. E il Parco Nazionale dell'Alta Murgia è ben addestrato a risolvere, nella legalità, situazioni a prima vista irrisolvibili" conclude Modesti.
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