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Passeggiando con la storia

Le feste agresti: la Madonna di Picciano “la Madonne de Pecciöne”

Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari

Scomodando, come è mio costume e senza millantare fonti inesistenti o copiate di sana pianta, senza mai citare, come fanno alcuni, i testi da cui traggono le loro scorribande storiche, con il gusto della pirateria e dei pirati che saccheggiano le madri dell'informazione e della cultura, il già citato testo di Giuseppe Schinco, utilizzato, precedentemente, per questa rubrica: "Iune, monde la lune. Analisi comparata dei giochi prima del computer a Gravina e Poggiorsini", Schena editore, 2016, ho ripreso il capitolo riguardante la tradizionale festa della Madonna di Picciano.

"Festa a carattere civile e religiosa, si celebra a circa 15 km da Gravina, sulla collina di Picciano, in territorio di Matera, dove sorge un santuario dedicato alla Madonna Annunziata. La sua origine è legata alla transumanza in Puglia e Basilicata: secondo un'antichissima tradizione, riportata in un canto popolare, in questo luogo la vergine apparve tra i rami di una quercia a un mandriano abruzzese che, cercando una sua mucca, la trovò genuflessa ai piedi dell'albero.

La Madonna chiese che in quel posto le venisse costruita una chiesa. Il più antico oratorio, sorto prima dell'anno Mille, sarebbe stato commesso proprio da pastori abruzzesi a maestranze locali; di tale edificio è rimasto solo il portale finemente scolpito in pietra . L'afflusso dei pellegrini oltre che per la solennità del 25 marzo continua anche per tutto il mese di maggio e in altre feste mariane dell'anno. E da Gravina, per la concomitanza della festa dell'Annunziata in paese, si va in una delle domeniche di maggio".

Il luogo veniva raggiunto a piedi o con i traini, non essendoci ancora i veicoli a motore. Erano gruppi di parenti, di amici, che si univano in grosse comitive e carovane, accomunati dalla stessa devozione mariana. Viaggiavano tutta la notte per essere pronti, alle luci dell'alba, e partecipare ai primi e a tutti i riti religiosi. Dopo si accampavano, consumavano quanto era stato preparato, in una specie di colazione a sacco e poi facevano ritorno a Gravina.

"Dello svolgimento delle manifestazioni devozionali di questo periodo ce ne parla Giuseppe Gattini . I pellegrini affluiscono in gran numero il giorno della vigilia e accendono falò attorno ai quali stazionano con canti e gozzoviglie tutta la notte. Ciò non impedisce tuttavia che il giorno dopo si partecipi alle funzioni in chiesa e alla processione all'aperto.
Uomini, donne e bambini procedono recando grossi ceri incartocciati in cima per riparare la fiamma e serbarne gli sgoccioli, alternando il rosario e cantando le litanie, o più spesso una sconclusionata canzoncina in una strana lingua che va dall'Italiano ad un incerto dialetto: Madonne de Pecciöne, dösce mugghi sté lundöne, allunghe la tua möne e fé venì le cristeöne. Variante ca mo vènene le cristeöne (Madonna di Picciano, dieci miglia sei lontana, allunga la tua mano e fai venire le persone).

Talvolta, per penitenza, in processione si va scalzi e, nel caso si richieda un intervento miracoloso, si va dall'ingresso della chiesa fino all'altare maggiore strisciando con la lingua sul pavimento fino a renderla sanguinolenta. A tal proposito è bene aprire una parentesi. In una strofetta di una preghiera che si canta in processione e che ricorda alcuni miracoli ricevuti a Picciano si riporta: Utti fratello mio, grazia am'avuta, / u vote a Madre Maria / amà sci a ffé. / Le scarpe e li capilli / n'ama scioglie, / perfino lengua a terra na ma mené.
Un detto popolare di Gravina ricorda questa penitenza: quando si vuol far capire a qualcuno che il conseguimento del suo desiderio è o potrà essere solo frutto di un miracolo gli si dice: A da scì (o a sciute) lèngua strascenune n'dèrre da'ddò a la Madonne de Pecciöne. Ma i bambini hanno un unico interesse: possedere la cola cole . Trattasi di un fischietto in terracotta dal suono bitonale avente forma di galletto, privo di base e colorato a strisce rosse, verdi, blu e gialle, i tipici colori mediterranei.

Nell'antichità, da sempre, alcuni giocattoli hanno avuto la forma di galletto: presso la fondazione "Pomarici Santomasi" si conserva un tintinnabolo raffigurante un erota seduto su un gallo.È ben noto che il gallo, strettamente legato al sole di cui annuncia il sorgere, è il simbolo della rinascita ed è un alleato delle forze benefiche e protettrici; svolge la funzione di sorveglianza scacciando gli spiriti del male come nella leggenda del frassino Yggdrasil, detto anche "frassino del mondo", è l'albero che sorregge l'intero cosmo, il suo tronco è molto robusto e slanciato, la sua chioma arriva e supera il più alto dei cieli ed è impossibile scorgerne la fine.

I suoi rami sono abitati da strani animali dotati di poteri magici. Insieme al gallo, si ritrova un'aquila depositaria di antichissimi segreti; tra i suoi occhi è appollaiato un minaccioso falco con uno sguardo terrificante; la corteccia è invece abitata da quattro cervi dal collo ricurvo che brucano incessantemente il fogliame del frassino fino a intaccarne le radici, senza però riuscire a fare un minimo danno all'albero; lungo il suo tronco corre lo scoiattolo "dal dente di topo" che è latore di messaggi e minacce dall'aquila agli oscuri abitanti delle radici dell'albero, che narra di un gallo che stando appollaiato su un ramo, avvertiva gli dei delle minacce da parte delle forze del male.

Sacro ad Apollo, nella mitologia greca è associato anche a Persefone, il principio luminoso degli inferi, e a Ermes il messaggero degli dei. Inoltre, insieme al suo simbolismo solare, il gallo incarna il principio maschile, la virilità e l'aggressività del combattente. In molte civiltà, il combattimento dei galli è l'allegoria delle lotte cosmogoniche".

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  • Giuseppe Massari
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