IL COSTRUTTORE - u costruttöre
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Mestieri e società

IL COSTRUTTORE - u costruttöre

Rubrica "Mestieri e società" a cura di Michele Gismundo e Giuseppe Marrulli

Raccontiamo il mestiere del costruttore attraverso la storia di Girolamo Candido (1902-1950) edificatore di luoghi simbolo della Città. Quello di Girolamo Candido non è stato un caso di prosecuzione del mestiere paterno né il frutto di stimoli ricevuti dall'autorità genitoriale. Suo padre svolgeva il lavoro di contabile nel Molino Modugno e la mamma Rosa Corrado era una casalinga. Il giovane Girolamo, dotato di un forte spirito di intraprendenza, si è trovato a vivere gli anni della formazione nel difficile periodo della ricostruzione dopo la Grande Guerra, anni nei quali la disoccupazione dilagava e spingeva gli operai italiani ad emigrare. In quel periodo furono siglati gli accordi bilaterali italo-francesi per lo scambio di manodopera e gli italiani emigrati in Francia aumentarono costantemente. Si trattava soprattutto di fornaciai, cementizi, minatori e soprattutto muratori.

Fu così che Girolamo - già addestrato da mastro Coletto Tota - andò ad affinare il mestiere in Francia all'età di 18 anni. Tornò in Italia a metà degli anni '20 e si mise in proprio. Frequentò solo le scuole elementari, ma continuò ad istruirsi da autodidatta; in casa, infatti, non mancavano testi tecnici di edilizia che servivano per il suo aggiornamento. È morto nel 1950 in seguito ad un incidente avvenuto sul posto di lavoro e ad una successiva imperizia medica.

Quei decenni furono tormentati nella vita politica, sociale ed economica della nostra città. Allora la povertà era molto diffusa e numerose famiglie stentavano a mettere insieme il pranzo con la cena. La ditta Candido dava lavoro a non pochi uomini, mantenendo sempre un ottimo rapporto con i dipendenti. Non possiamo tralasciare ad esempio che, a dieci anni dall'incidente mortale, due operai ancora piangevano davanti alla sua tomba. Del resto, al di là delle relazioni di cantiere Girolamo era molto presente nella società e non mancava di coltivare interessi politici: alla fine della seconda Guerra mondiale ha fatto parte del Partito d'Azione e, in rappresentanza di tale partito, il suo nominativo fu proposto al Prefetto dal Comitato di Liberazione gravinese come componente della prima giunta del dicembre 1945.
Nelle prime elezioni amministrative del 24 marzo 1946 fu candidato nella lista della stessa formazione politica. La sua attività imprenditoriale gli ha fatto poi conoscere personalmente Aldo Moro e soprattutto il senatore Giacinto Genco, il quale pronunciò il discorso di commemorazione in occasione delle esequie. Al suo matrimonio invitò sia gli operai che la borghesia gravinese, in linea con il suo spirito interclassista. Della sua ampia apertura e disponibilità hanno dato assicurazione quanti lo hanno conosciuto. L'Impresa Edile di Girolamo Candido era annoverata tra le maggiori imprese del tempo. Gli altri principali competitor del posto erano le imprese Beniamino D'Agostino, Cataldo Masciandaro e Vincenzo Dibattista, proprietario quest'ultimo di cave di tufo da cui estraevano le pietre per erigere le loro costruzioni. Era ben collegata con le famiglie benestanti, soprattutto i proprietari terrieri, di cui era diventata l'impresa di fiducia; a lui si rivolgevano sia per edificare nuove abitazioni sia per ristrutturare quelle esistenti. L'impresa era attiva anche nel settore dei lavori pubblici. Ad esempio si occupò della costruzione di case popolari e della strada provinciale S. Angelo-Poggiorsini, tuttora in esercizio. In quell'occasione furono ingaggiate centinaia di persone - spalle larghe e braccia vigorose prese in prestito dall'agricoltura - che provvedevano a spaccare le pietre solo con attrezzi manuali. Pur trattandosi di un'impresa individuale, in molti cantieri ingaggiava spesso centinaia di addetti. Si può affermare che la dimensione dell'azienda, in termini di addetti, era variabile e si allargava o si restringeva in funzione dell'entità dei lavori da eseguire.

L'impresa doveva disporre di capitali propri sufficienti, quanto meno, a coprire le spese dei materiali e le paghe degli operai. Quando la liquidità veniva a mancare, si ricorreva ai prestiti bancari. In ogni caso l'impresa di Girolamo Candido era iscritta all'Albo Nazionale degli Appaltatori e alla Federazione Nazionale delle imprese edili, godeva della fiducia degli istituti bancari, possedeva discrete riserve di liquidità, disponeva di macchinari e attrezzature idonee. In altri termini aveva titolo a partecipare alle gare per la realizzazione di opere pubbliche. Mentre, nell'ambito dell'edilizia residenziale privata, il ciclo produttivo era sostenuto essenzialmente dagli acconti corrisposti dai committenti all'avvio e in corso d'opera. Come dire, il ciclo si autofinanziava, se non fosse che allora, come oggigiorno, il meccanismo a volte si inceppava per l'interferire dei cattivi pagatori che non onoravano gli impegni presi. Per salvarsi da questi esiti indesiderati, gli imprenditori dell'epoca si basavano sulla fiducia e sulla conoscenza personale del committente prima di concludere un accordo.

L'approvvigionamento di ferro e cemento avveniva spesso fuori città. Sul posto erano abbondanti le cave di tufo, che garantivano un prezzo più conveniente. Il cemento armato e le putrelle in ferro facevano già parte delle caratteristiche strutturali. Ma il tufo andava per la maggiore, richiesto per i tipici soffitti a botte o per le volte a specchio. L'impresa Candido, come le altre in quei tempi, non costruiva se non su commissione. Nel periodo di attività dell'impresa era prevalente la costruzione di abitazioni unifamiliari, ovviamente per chi se lo poteva permettere con il ricavato della vendita di terreni agricoli o con il risparmio accumulato a volte dopo una dura vita lavorativa all'estero. Si trattava di edifici con uno, massimo due piani oltre il pianterreno; l'abitazione disponeva inoltre di locali per uso magazzino a livello stradale e di cantine per la conservazione del vino scavate in profondità per estrarre il tufo necessario all' edificazione del palazzo. Le coperture erano quasi sempre piane, utilizzate come terrazze coperte e scoperte.

Nulla di particolare si può dire sui rapporti tra l'impresa e l'amministrazione comunale o le altre entità burocratiche con le quali si doveva interloquire ai fini del rilascio delle autorizzazioni necessarie. Può essere che allora i rapporti fossero meno complessi di oggi e il sistema dei controlli più diretto anziché basato su forme di autocertificazione.
L'impresa Candido ha eseguito i lavori di costruzione dell'Edificio Scolastico San Giovanni Bosco nel 1932, sul terreno dove prima si trovava la masseria La Cavallerizza ridotta ormai a un fabbricato fatiscente. L'architettura dell'edificio rispecchia lo stile dell'edilizia scolastica dell'epoca fascista, secondo un modello presente anche in altri comuni d'Italia e in Puglia, dove Mussolini nel settembre 1934, nel corso di una visita di cinque giorni, non mancò di raccogliere il consenso di una popolazione osannante per le opere pubbliche realizzate. È una struttura ancora solida, che non dà segni di cedimento: due piani di aule distribuite lungo grandi corridoi, la palestra, la refezione, l'ampio cortile interno.

Negli anni quaranta l'imprenditore Leonardo Centrone da Grumo Appula affidò a Candido la costruzione di un cinema da due mila posti. Sorse così, su progetto di un ingegnere tedesco, il Cinema Centrone in stile liberty con una magnifica hall di ingresso e due scaloni simmetrici che dal piano della platea portano alle due gallerie dei piani superiori. All'epoca era un edificio che riqualificò notevolmente il corso Alcide De Gasperi, era all'altezza dei più belli e capienti cinema della Puglia.
Nel settore dell'edilizia residenziale privata, Candido ha avuto il privilegio di costruire, tra gli anni venti e trenta, Palazzo Liuzzi sul Corso Aldo Moro che conduce alla stazione ferroviaria, ora occupato dalla Stazione dei Carabinieri. Si tratta di un edificio di grandissimo livello, con cortile interno e ampi corridoi lungo i quali si affacciano le stanze. Fu commissionato dal possidente Vincenzo Liuzzi. Le condizioni di lavoro dell'epoca non erano paragonabili a quelle attuali, le norme in materia di sicurezza non erano così stringenti. Certamente si verificavano infortuni, come del resto continuano a verificarsi ancora nei nostri tempi nonostante i progressi della tecnologia e i controlli.

Il cantiere edile è per definizione un posto di lavoro a rischio elevato. In quei tempi alla mancanza di norme e di dispositivi di protezione supplivano sia l'ottimo rapporto che Girolamo aveva con gli operai sia l'esistenza, una volta fuori dal regime fascista, di una Camera del Lavoro che a Gravina era potente e protettiva. Tuttavia non possiamo nascondere che proprio il titolare dell'impresa, Girolamo Candido, rimase vittima di quello che, a ben vedere, può considerarsi un infortunio sul lavoro occorso mentre svolgeva un compito non spettante a lui: si prestò volontariamente a smontare il pneumatico di un mezzo pesante di proprietà e rimase violentemente colpito dal cerchione. L'imperizia medica nell'intervento di soccorso e cura, poi, gli fu fatale.
La tecnologia ha fatto passi da gigante. Una volta i ponteggi erano costituiti da tavolati di legno e si usavano molto le carrucole, i montacarichi e grossi argani. Gli automezzi erano camion di marca FIAT e FORD. Non si vedevano ancora le gru, in quanto gli edifici residenziali non erano alti come quelli di oggi. Inoltre, l'impiantistica in casa era più essenziale, ad esempio si installavano stufe e camini per il riscaldamento e un sistema elementare per la produzione di acqua calda.

Girolamo Candido sposò Serafina Attolini, in età matura. Tra i due c'era una differenza d'età di ben 16 anni e i figli Rosa, Maria e Michele rimasero orfani in tenera età. La signora Serafina era figlia del primo tipografo-editore di Gravina, don Luchino Attolini che aveva la tipografia nel locale situato affianco alla storica torre dell'Orologio, di fronte alla villa comunale. La Premiata Tipografia Editrice L. Attolini ha curato l'edizione di importanti periodici locali del primo Novecento (Eco, L'ape, La luce, giornale politico letterario) degli anni 1903/1906 e ha insegnato l'arte tipografica ai Gurrado di Gravina, che ereditarono l'impresa, e ai Portoghese di Altamura.

Fonte:
Libro di Michele Gismundo - Giuseppe Marrulli, MESTIERI E SOCIETA' nel Novecento a Gravina in Puglia, ed. Algramà, Matera 2023. Immagine da sito web senza diritti di copyright
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