Pino Navedoro
Pino Navedoro
La città

Per una visita a San Michele delle Grotte

Lettera aperta di Pino Navedoro

Riceviamo e pubblichiamo:

Può capitare, in un caldo sabato di luglio, che un impiegato di giorno si trasformi, con le tenebre, in esperta guida turistica e che definisca un onesto artista detentore di Partita IVA e regolare contribuente, nonché autore dell'unico libro sulle chiese rupestri di Gravina, "un personaggio che vada in giro a vuoto in cerca di mestiere".

Può capitare che lo stesso, con la sua ruspante combriccola di studiosi della domenica, accompagni (quando decida di non cacciarli in malo modo) in fantasiosi viaggi nella pseudostoria malcapitati gruppi di turisti, facendoli avventurare tra i pericoli dell'irta vegetazione spontanea, di indecenti cumuli di rifiuti e chiedendo loro il pagamento di un biglietto, inesistente quanto la ricevuta che dovrebbe attestare l'avvenuta transazione.
Può capitare che l'ex professore, dopo aver passato una vita a scoraggiare i propri alunni nell'arte del copiare, redarguisca in pubblico lo stesso artista come se fosse al cospetto di un infimo scolaretto (di quelli, per intendersi, che lui è stato sempre abituato a frequentare) salvo, poi, essersi dato proficuamente da fare nella pubblicazione di alcuni testi in buona parte "presi in prestito" da veri storici dell'arte. In uno di essi, per esempio, scrive: "Monumentale è l'ingresso nella fiancata sud con le pregevoli statue tardo-cinquecentesche di San Pietro e San Paolo e del Cristo Risorto […]. Per tutta l'ampiezza delle navate corre il soccorpo solo per metà interrato, ugualmente a tre navate, al quale si accede dalla scala al di sotto della terrazza-sagrato. In questo avancorpo vi sono resti di affreschi cinquecenteschi e un altare in pietra" (in Pacella G., Gravina in Puglia, Bari 2003, pagg. 48 e 51).

Il caso, lo stesso che lo ha fatto sentire "padrone di casa" in luoghi che sono, invece, patrimonio dell'intera comunità, ha voluto che qualcun altro avesse scritto, un po' di tempo prima, in termini molto simili: "[…] monumentale è l'ingresso nella fiancata sud con pregevoli statue tardo-cinquecentesche di S. Pietro e Paolo e del Cristo risorto. Per tutta l'ampiezza delle navate corre il succorpo solo per metà interrato, ugualmente a tre navate, al quale si accede dalla scala al di sotto della terrazza-sagrato della Cattedrale. In questo avancorpo sono resti di affreschi cinquecenteschi e altare in pietra" (in Cazzato V., Fagiolo M., Pasculli Ferrara M., Atlante del Barocco in Italia. Terra di Bari e Capitanata, II ed., Roma 2002, pag. 542).

A tali sedicenti e male educati paladini della conservazione e della cultura, a questo punto, mi verrebbe da chiedere quale orrida fine abbiano fatto alcuni preziosi oggetti come il paliotto settecentesco, in marmi policromi, dell'altare maggiore della chiesa rupestre di San Michele delle Grotte; cinque antichi reliquiari (già citati nella Visita Apostolica del Cardinale Orsini del 1714 e di cui posseggo dettagliata documentazione fotografica) della chiesa del Purgatorio e, ancora, la corona argentea della Madonna della Consolazione in Cattedrale. Alcuni sono stati forse rubati? Altri sono stati manomessi e distrutti senza il parere della Soprintendenza? La Premiata Ditta che porta indegnamente il nome di un Papa dov'era quando tali scempi si perpetravano a danno di un patrimonio che appartiene a tutta la città?
Attendo risposte, non infime sceneggiate alle quali certi arroganti personaggi (quelli che confondono il grado di scolarità con il livello culturale) ci hanno tristemente abituati, perché simili cose, non devono più capitare. Non mi sento nel campo delle illazioni, ma già in quello delle azioni.

Pino Navedoro


La Redazione è a disposizione di quanti vogliano offrire la propria versione in merito ai fatti e alla circostanze descritti nella lettera.
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